Era il 9 marzo 2000 a Padova. C’era il centro sociale Pedro, c’erano le case occupate, c’era la contrarietà dell’allora amministrazione di centrodestra. Ci fu una manifestazione non autorizzata fino ai cancelli del Comune e la richiesta dei manifestanti, negata, di parlare con il sindaco. Ci furono tafferugli, uno dei poliziotti di nome Cecchini riportò delle ferite e ci fu un morto: Vittorio Petiti, per il quale la Magistratura emanò una sentenza di condanna per omicidio colposo. Ci furono alcune prese di distanza di autorevoli esponenti del centrosinistra che pur condannando gli scontri, criticarono l’atteggiamento di “chiusura†del centrodestra. Una vittima che fu presto dimenticata, a differenza di quello che successe poi al G8 di Genova. E quando la storia si dimentica, siamo costretti a vederla ripetersi. Per fortuna oggi senza morti.
Se si ritiene che le politiche giovanili, della sicurezza, della casa… si possano e debbano affrontare con gli strumenti democratici, che la stagione della violenza come strumento politico sia superata, che l’Università non sia più il porto franco dei “cattivi maestriâ€, questo episodio deve far riflettere. Il rischio della recessione, l’enorme debito pubblico, la disoccupazione, il fallimento di molte imprese, l’abuso e la proliferazione del precariato… costituiscono un humus in cui le forze più estremiste e ideologiche possono nutrirsi e crescere.
Spetta a noi forze politiche, sindacali e sociali l’intelligenza, la lungimiranza e la responsabilità di dare segni positivi e costruttivi, di guardare in modo non strumentale alle sofferenze umane. Di rafforzare le protezioni sociali senza cadere nell’assistenzialismo, di salvaguardare i diritti ma non i privilegi, di offrire occasioni e opportunità ai giovani in un sistema-paese oligarchico e gerontocratico. Se si condividono alcune linee direttive fondamentali, stare dalla stessa parte in alcuni casi è un grande segno di Civiltà .
(Immagine da www.montecritica.net)